«Attraverso me si entra nella città dolorosa, nel dolore che mai avrà termine, tra le anime dannate.
Dio, mio eccelso
creatore, fu mosso dalla giustizia: sono opera del Padre (la divina potestate), del Figlio (la somma sapienza) e dello Spirito
Santo (‘I primo amore).
Prima di me non fu creata nessuna cosa se non eterna, e io durerò fino alla fine dei tempi.
Abbandonate, entrando, ogni speranza ».
Vidi questa sentenza dal minaccioso significato. incisa in cima a una porta; per cui
mi rivolsi a Virgilio: « Maestro, ciò che essa dice per me è terribile ».
Ed egli, da persona perspicace qual era: « A
questo punto occorre abbandonare ogni esitazione; ogni forma di pusillanimità deve ora sparire.
Siamo giunti dove ti dissi
che avresti veduto le anime doloranti che hanno perduto la speranza di vedere Dio ».
Ivi echeggiavano nell’aria senza luce
gemiti, pianti e acuti lamenti, tanto che (udendoli) per la prima volta ne piansi.
Differenti lingue, orribili pronunce,
espressioni di dolore, esclamazioni di rabbia, grida acute e soffocate, miste al percuotersi delle mani l’una contro l’altra
creavano nell’aria buia, priva di tempo, una confusione eternamente vorticante, così come (rapida vortica) la sabbia quando
soffia un vento turbinoso.
E io che avevo la testa attanagliata dall’orrore, esclamai: “Maestro, che significano queste
grida? che gente è questa, che appare così sopraffatta dal dolore ?”
E Virgilio: “Questa infelice condizione è propria delle
anime spregevolì di quelli che vissero senza meritare né biasimo né lode.
Sono mescolate alla malvagia schiera degli angeli
che (in occasione della rivolta di Lucifero) non si ribellarono né rimasero fedeli a Dio, ma fecero parte a sé.
Perché il
loro splendore non ne sia offuscato, i cieli li tengono lontani da sé, né in sé li accoglie la voragine infernale, perché i
colpevoli (gli angeli che parteggiarono per Lucifero) avrebbero di che vantarsi rispetto ad essi ” .
Ed io: “Maestro, cosa
riesce loro così insopportabile, da farli prorompere in così disperati lamenti?” Rispose: “Te lo dirò in pochissime
parole.
Costoro non possono sperare in un completo annullamento del loro essere (cioè nella morte dell’anima) e (d’altra
parte) la loro vita senza scopo è tanto miserabile, da renderli invidiosi di qualsiasi altro destino.
Il mondo non lascia
sussistere alcun ricordo di loro; Dio non li degna né della sua pietà né di una sentenza di condanna non parliamo di loro, ma
osserva e va oltre “.
E io, guardando con maggiore attenzione, scorsi un vessillo che girava correndo così velocemente, da
sembrare incapace di una qualsiasi forma di quiete; e dietro ad esso avanzava una tale moltitudine, quale mai avrei immaginato
fosse stata annientata dalla morte.
Dopo aver ravvisato qualcuno nella folla, vidi e riconobbi l’anima di colui che per
pusillanimità rifiutò il trono papale (fece per viltà il gran rifiuto).
Compresi allora d’un tratto e fui sicuro che questa
era la turba dei vili, sgraditi a Dio non meno che ai suoi nemici (i diavoli).
Questi miserabili, che vissero come se non
fossero vivi (in quanto non seppero affermare la loro personalità), erano nudi, continuamente punti da mosconi e da vespe che
si trovavano lì.
Esse rigavano il loro volto di sangue, che, misto a lagrime, era succhiato ai loro piedi da vermi
nauseabondi.
E dopo aver spinto il mio sguardo più in là, vidi sulla riva di un gran fiume una folla; perciò interpellai
Virgilio: “Maestro, consentimi di apprendere chi sono queste genti, e quale consuetudine le fa apparire così ansiose di passare
sull’altra riva, come intravedo attraverso la debole luce”.
Virgilio mi rispose: « Le cose ti saranno note (conte:
conosciute) quando fermeremo i nostri passi presso il doloroso fiume Acheronte ».
Allora, con gli occhi abbassati per la
vergogna, temendo che il mio discorso gli riuscisse fastidioso, cessai di parlare finché arrivammo al fiume.
E (dopo essere
qui giunti) ecco dirigersi alla nostra volta, su un’imbarcazione, un vecchio, canuto (bianco per antico pelo), che gridava: «
Sventura a voi, anime malvage !
Non illudetevi di poter più vedere il cielo: vengo per traghettarvi sull’altra riva nel
buio eterno, nel fuoco e nel ghiaccio.
E tu che, ancora in vita, ti trovi con loro, allontanati dalla turba dei già
morti». Ma dopo aver visto che non me n’andavo,
continuò: « Attraverso vie e luoghi di imbarco diversi giungerai alla riva,
che non è questa, da dove sarai traghettato (per passare): una barca più leggiera ti dovrà trasportare ».
E Virgilio gli
disse: « Non te n’avere a male, o Caronte: si vuole così là dove si può fare tutto ciò che si vuole (è la decisione divina
presa nel cielo Empireo, dove tutto ciò che è voluto può avere immediata attuazione), e non chiedere altro ».
Da questo
istante si calmarono le gote ricoperte di fluente barba del traghettatore del buio fiume (livida palude: livido è, per
antonomasia, il colore della morte), che aveva intorno agli occhi cerchi di fuoco.
Ma quelle anime, che erano affrante e
inermi, trascolorarono e batterono i denti, non appena ebbero udite le crudeli parole:
maledicevano Dio e i loro genitori,
il genere umano e il luogo e il tempo (in cui erano state generate) e l’origine della loro stirpe e della loro nascita.
Poi
si adunarono tutte insieme, piangendo dirottamente, sulla riva del fiume del male che aspetta tutti coloro che non temono
Dio.
II demonio Caronte, con occhi fiammeggianti, facendo loro segni, le accoglie tutte (nella barca); percuote col remo
chiunque tarda (ad obbedirgli).
Come in autunno le foglie si staccano l’una dopo l’altra (dal ramo), finché questo vede
sparsa a terra tutta la sua veste frondosa, allo stesso modo la corrotta progenie di Adamo si precipita da quella riva, anima
dopo anima, a un cenno (di Caronte), come il falco (auge!) al richiamo (del falconiere).
Avanzano così sull’acqua buia, e
prima che questa moltitudine sia sbarcata sulla riva opposta, un’altra già s’accalca nel punto d’imbarco.
« Figlio mio »,
spiegò cortesemente Virgilio, « tutti coloro che muoiono in stato di peccato (nell’ira di Dio) si radunano qui (venendo) da
ogni luogo della terra: e sono (spiritualmente) disposti a varcare il fiume, poiché la giustizia di Dio li stimola, in modo che
il timore (delle pene) si converte in loro nel desiderio (di affrontarle).
Di qui non passano mai anime virtuose: e perciò,
se Caronte si lamenta della tua presenza, puoi ben comprendere ormai quale significato hanno le sue parole.»
Appena Virgilio
ebbe finito di parlare, la terra buia tremò con tanta violenza, che il ricordo (la mente: la memoria) dello spavento provato
m’inonda ancora di sudore.
Dalla terra bagnata dalle lagrime dei dannati uscì un vento, che si convertì in un lampo
sanguigno il quale mi fece perdere i sensi; e caddi come chi cede al sonno.
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